L’approccio cognitivo comportamentale parte dal presupposto che le emozioni e i comportamenti di una persona siano condizionati dai suoi pensieri.

Ad esempio una persona con una bassa autostima, che pensa di non valere molto, sarà più facilmente influenzata nelle sue scelte rispetto ad una persona che crede in se stessa e nelle proprie capacità. Potrebbe accadere che si accontenti di un lavoro che non la soddisfi e ciò le procuri noia, che scelga un partner che non risponde ai suoi (non legittimati) bisogni emotivi generandole frustrazione oppure che di fronte alle difficoltà della vita (e alla necessità quindi di attivare un senso di competenza per farvi fronte) si spaventi e inizi a provare una forte ansia.

I pensieri spesso sono automatici e la persona non è consapevole di tali processi cognitivi, prova un disagio che può assumere tante forme, più o meno gravi e non ne conosce il motivo. Da sola quindi non riesce a risolvere tale condizione poiché sarebbe come tentare di curare una malattia senza sapere quale e come.

Attraverso la psicoterapia la persona impara a riconoscere i propri pensieri, a capire da dove derivano e in quali situazioni si attivano, a modulare le emozioni ad essi correlate, a fare scelte comportamentali diverse in relazione ai propri obiettivi di vita e in virtù del proprio benessere psicologico.

L’approccio cognitivo comportamentale standard richiede una partecipazione del paziente molto attiva e un’aderenza al trattamento continuativa.
In casi di grave psicopatologia, come nei disturbi della personalità, si è visto come tale approccio richieda alcuni adattamenti fra i quali la previsione di un percorso terapeutico più lungo e un periodo iniziale di terapia dedicato alla costruzione della relazione terapeutica. Infatti in questi casi è leso il tessuto della vita relazionale del paziente e ciò rende difficile l’instaurarsi della stessa alleanza terapeutica. Inoltre il carico di sofferenza che portano con se queste persone, la sintomatologia grave (ad esempio la dissociazione) e la compromissione severa di strutture sovraordinate quali le capacità metacognitive, ostacolano i normali processi di cambiamento.

Tale condizione implica l’esigenza di modellare l’intervento sulla base del problema del paziente e della gravità del disturbo. Si valuta dunque l’utilità di associare alle tecniche dell’approccio standard interventi chiamati di terza generazione come l’approccio metacognitivo e le tecniche di mindfulness, sviluppatesi negli ultimi decenni in risposta all’esigenza di aiutare il paziente grave.
In realtà ogni psicoterapia è diversa da un’altra.

Anche se l’approccio cognitivo comportamentale è basato su tecniche evidence based, riconosciute come efficaci da parte del mondo scientifico per molti disturbi psicopatologici, prima delle tecniche c’è la persona, la sua storia di vita e di relazione e la sua sofferenza. Sulla base di tutto ciò e di una fase di assessment finalizzata alla formulazione del caso, il terapeuta costruisce insieme al paziente un percorso di crescita e cambiamento, personalizzato e unico.